Dentro alla scatola – la caccia selvaggia
Primo articolo del blog perché devo scrivere qualcosa, giusto? Andare a caccia di argomenti, mi seguite? Bene, ci ho pensato tanto, ho pensato alle storie del monopattino, del matrimonio o del mio trasloco, ma ho deciso di voler affrontare un tema più ampio e importante per me, ‘na specie de sfogo, la confessione di uno schieramento non politico ma sociale al quale tengo molto, anzi, al quale ho sempre tenuto molto ma ho deciso oggi di tirarlo fuori per qualche motivo a me incompreso che non ha nulla a che vedere con la mia figura da scrittore ma più con la mia figura di persona che leggete, e dal momento che me leggete, è giusto che io metta a nudo quello che sono anche fuori dai libri. A voi piace andà a caccia?
Mi ricollego quindi a questo articolo, la morte di Van Zyl. Ma chi è questo? Van Zyl come lavoro accompagnava turisti nei parchi e nelle riserve per cacciare animali anche a lieve rischio di estinzione (o probabile estinzione futura a causa dei cambiamenti climatici) come bufali, rinoceronti e leoni. Leoni. A quanto pare la natura si è vendicata e Van Zyl è stato mangiato da alcuni coccodrilli del Nilo.
Il coccodrillo del Nilo ha rischiato l’estinzione a cavallo tra gli anni ’40 e ’60, ma probabilmente non arriverà al prossimo secolo a causa dell’inquinamento, la caccia e la distruzione del suo habitat. Insomma, ‘sto coccodrillo è uno di quegli animali che fanno paura, ha una forza del morso de 1678 kg/forza, in pratica la seconda più alta in natura, la prima è quella del coccodrillo marino che ve lo dico a fare. Pensate, per farvi capire la potenza di questo morso, il Tirannosauro aveva un morso con la stessa forza più o meno mentre quello dello squalo bianco è dieci volte più debole, mentre la pressione mascellare de sto coccodrillo è come quella della fossa delle Marianne, e non può masticare, può solo atomizzare le cose. Vabbè non voglio spiega le cose del coccodrillo del Nilo, che va dai tre ai cinque metri e pesa fino a settecento kg, questa era la premessa per arrivare al dunque e mo c’arivamo.
Il discorso è che non è mai facile schierarsi pubblicamente per “uno come me”, uno che sui social fa una cosa precisa e che deve cogliere il pubblico più vasto: se dici che sei della Lazio, i romanisti ti insultano o non ti seguono e di conseguenza perdi utenza; se dici che sei de destra o socialista, diventi fascista; se dici che sei pe’ la liberalizzazione, rischi di passà pe’ tossico. Poi chiaramente se sei una figura schierata su un tema sociale o politico è diverso, ma se sei uno che fa quello che faccio io, è tosta perché vuoi creà contenuti, vende libri e accontentare tutti, ma mo me devo schierà, lo sento proprio dentro, perché sto discorso l’ho fatto più volte ma sento che solo mettendolo su sto sito riesco a tirarne fuori qualcosa, poi magari lo leggete in tre.
“Mars parla de te e delle tue cose” e ho deciso de parlà de questo: a me che Van Zyl sia morto non mi frega proprio un cazzo; non sono felice perché non sono il tipo che gioisce della morte altrui (e ve ricordo che quando è morto Berlusconi tutti ridevano, pe’ me se ridi de ste cose sei un po’ un cojone, puoi ride quando morirà un dittatore, un terrorista o uno stragista, non uno che non votavi, ma vabbè, voglio vedè sta gente come reagirà quando rideranno della dipartita del loro politico), ma posso anche dire pubblicamente che non mi frega niente della morte de questo no? Forse non ho l’empatia necessaria, forse so un mezzo mostro che ve devo dì, ma io non abbraccerei mai commosso la sua vedova, come non diventerei mai pazzo per questo sbranato da n’orso al circo.
A me de sta gente non frega niente, non proverò mai tristezza per un cacciatore, a meno che questo non abbia provato ad affrontare un coccodrillo ad armi pari, che so con ‘na spada. Ci stanno chiaramente situazione diverse, tipo famiglie di cacciatori che magari, come a Roma o giù al sud, regolano la proliferazione dei cinghiali e poi li mangiano e li fanno mangiare pure a me, io quelli li accetto pure, anche se per me (Trigger Warning: userò termini duri, forse sessisti o abilisti per qualcuno, ma come detto sopra io non c’ho questa sensibilità quanto tocco alcuni temi, e scoprirete poi che c’ho pure un po’ diritto ad essere duro) chi va a caccia non è normale e forse c’ha pure il cazzo piccolo o non gli si alza, io banalmente e forse anche scioccamente non concepisco l’idea di uccidere faggiani per sport, figurati se il tuo hobby è sparare a leoni e giraffe, non potrò mai avere alcuna opinione positiva di te, sei il mio Hannibal Lecter coglione, non intelligente e non figo come solo il cinema può farti sembrare.
E arriviamo al perché del titolo “dentro alla scatola – la caccia selvaggia“, che non nasce né da una passione per Mondomarcio né da una passione per la mitolog… ah no quella ci sta e pure, ma l’ho messa nel titolo sia per il SEO sia perché ha un senso la parola selvaggio in questo caso, perché chi va a caccia è selvaggio per me, che mi considero un razionale.
Ma non solo, ho scoperto de recente che ce sta n’altro gradino involutivo della caccia sportiva, la caccia in scatola: sostanzialmente esistono figure che prendono animali selvatici da cuccioli, prendiamo i leoni come esempio, e li lasciano anni, anche 5-6 (il leone in natura vive dieci anni, la leonessa pure quindici) dentro sta scatola 3×3 o in una stanzetta-lager con altri dieci leoni, roba che manco i circhi (altra categoria che proprio non riesco a concepire perché sono limitato mentalmente probabilmente, tempo fa un professionista disse che sto nello spettro autistico e a sto punto starò nello spettro autistico che non comprende il circo). Dopo questi diciamo sette anni, in cui il leone ha mangiato merda, non si è mai mosso per più di cinque metri e non ha mai visto un prato in vita sua, viene liberato nella savana, di solito in Sudafrica. Ora, il leone viene liberato, e dopo sette anni in schiavitù, per la prima volta vede il suo habitat naturale, respira aria pura, ci siete? Mentre il suo cervello immagazzina per la prima volta queste informazioni, e forse inizia a capire che la sua vita non è proprio ‘na merda e magari se emoziona pure, muore, perché gli sparano in fronte.
Sostanzialmente l’animale viene allevato in uno stato pietoso e appena esce da quel buco di culo viene ucciso solo per essere il gusto della morte, venendo allevato per questo unico fine. Al netto della crudeltà di chi gestisce sto minimarket de leoni e giraffe per poi organizzare ste spedizioni punitive, io c’ho sta convinzione che può essere sbagliata, anzi, è sbagliata ma voglio proprio sbagliare, voglio essere in torto: chiunque vada a caccia usando questo metodo, per me è un sociopatico incapace di provare e dare affetto, e probabilmente va a caccia proprio perché manco il viagra funziona ormai.
Quindi, concludendo, se tu sei una Merelize van Der Merwe come questa qua sopra che uccide una giraffa e per san Valentino regali il suo cuore al tuo fidanzato del cazzo, sei mia nemica, non ci stanno discorsi da fare attorno. E se domani tutto il mondo ucciderà giraffe, squali, balene o tigri perché pensa che il loro piscio sia afrodisiaco, tutto il mondo sarà mio nemico e io continuerò a scrivere anche solo per me sapendo che non venderò alcuna copia, ma me frega il giusto: chiunque vada a caccia sportiva avrà sempre il mio disprezzo e sarà sempre mio nemico.
Bravo, sono d’ accordo su tutto giá te l’ ho detto.Non esiste giustificazione per chi uccide animali e neanche chi li usa come divertimento tipo circhi, parchi acquatici, zoo niente! Gli animali devono essere liberi.Anche sul contenimento dei numeri sono contraria, perchè se arrivano in cittá che ne sanno loro che ci stanno invadendo, mi sa che è il contrario…come si fa a decidere che possono esserci tot cinghiali, lupi ecc? Facciamo lo stesso conteggio con le persone sulla terra? Beh, magari per quello ci sono le guerre che fanno un po’ di sfoltimento, che tristezza.Nessuno che uccide o maltratta animali sono scusabili, mai.
Grazie per il tuo contributo, lo considero prezioso sia perché espresso con calma nonostante il tema duro, sia perché le visioni altrui sono per me un modo per crescere sempre più.